Continuano a schiarirsi i dubbi e le problematiche intorno al capitolo fattura elettronica. E al riguardo, come specifica l’ultima nota diffusa dallo studio commerciale di Cagliari, Cadau&Associati, si definisce in che modo il cosiddetto reverse charge debba essere gestito nei rapporti fra operatori residenti, dove il fornitore è chiamato ad emettere fattura elettronica con natura “N6” (ad esempio, alla fattura ricevuta per servizi di pulizia).

Nello specifico.

FATTURA ELETTRONICA E ACQUISTI CON INVERSIONE CONTABILE

Nelle operazioni assoggettata a reverse charge interno la tecnica contabile che gli operatori devono utilizzare è quella dell’integrazione, che dettagliatamente consiste:

1. nel riportare sul documento l’aliquota e l’imposta;

2. nell’effettuare la protocollazione e l’annotazione nel registro vendite o corrispettivi (per assolvere l’imposta) nel mese di arrivo (o al massimo entro 15 giorni, ma con imputazione al mese di arrivo);

3. nell’annotare (senza più obbligo di protocollazione) nel registro acquisti per esercitare il diritto alla detrazione (nel mese stesso di arrivo oppure successivamente nei termini dell’articolo 19 D.P.R. 633/1972).



L’integrazione, come precedentemente indicato, con riferimento ad una fattura elettronica XML, è un adempimento che materialmente non può essere realizzato.

Infatti – come esplicitato dallo studio commerciale di Cagliari, Cadau&Associati – la fattura elettronica deve essere, fra le altre cose, non modificabile (rectius “integra”) per definizione.

Ora, vale la pena di notare che quello che è impossibile fare non lo si fa, semplicemente, senza ricercare (tantomeno imporre) strade alternative non previste da alcuna norma.

Va infatti rimarcato che la norma (i citati articolo 17, comma 5, e articolo 74, comma 7, D.P.R. 633/1972) non è stata cambiata e in nessuna altra norma viene previsto che, in mancanza di integrazione, possa essere consentito procedere con l’emissione di un’autofattura o comunque di un “allegato” integrativo.

In sostanza, essendo impossibile praticare sulla fattura elettronica l’integrazione non resta che applicare esclusivamente l’annotazione nei registri come se il documento fosse “virtualmente” integrato.

Nulla vieta, ovviamente, di generare un allegato di appoggio ma, in quel caso, sarebbe da gestire rigorosamente con la cara vecchia carta (e come tale da conservare) evitando il formato XML e la trasmissione al SdI, che finirebbe nella grande totalità dei casi per auto-certificare i ritardi nell’applicazione dell’integrazione.

TEMPISTICA

I tempi per assolvere l’imposta con inversione contabile sono infatti, a norma dell’articolo 17, comma 5, D.P.R. 633/1972, molto stretti: l’assolvimento entro il mese di arrivo della fattura, nei fatti, si presenta incompatibile con una normale prassi aziendale.



UN ESEMPIO

Si pensi, ad esempio, alla fattura elettronica dell’impresa di pulizia dei locali emessa il 31 gennaio con applicazione del reverse charge che il committente dovrebbe integrare lo stesso giorno o al più tardi entro il 15 febbraio ma con riferimento al 31/1 (per buona pace di tutte le discussioni sul fatto che emissione e trasmissione dovrebbe essere sincrona).

In conclusione.

Per non creare confusione, o si cambia la norma imponendo l’autofattura in luogo dell’integrazione (ma non si vede quali margini vi possano essere dal lato della tempistica) oppure occorre ammettere esplicitamente che l’inversione contabile può essere adempiuto semplicemente attraverso l’annotazione nei registri (poco importa se soppressi o meno).